O amici, che la grande città lungo il biondo Akragas abitate nell’alto della polis, occupati in opere buone, venerabili porti di stranieri, inesperti di cattiveria, salve! Io tra voi come un dio imperituro, non più mortale, cammino onorato da tutti, come pare, cinto di nastri e di corone fiorite…
Frammenti
Empedocle di Akràgas
Dici Agrigento e pensi subito alla suggestiva Valle dei Templi, dove è ubicato uno tra i maggiori complessi archeologici del Mediterraneo, immerso in un paesaggio agricolo di rara bellezza prevalentemente costituito da ulivi centenari e mandorli.
Il territorio fu abitato fin dalla preistoria, ma è solo intorno al 582 a.C. che nasce la colonia di Akràgas ad opera di un gruppo di Geloi (a cui si erano uniti coloni provenienti dalla metropolis Rodi), guidati dagli ecisti Aristinoo e Pistilo.
Inizia così la storia di una delle più importanti colonie greche della Sicilia che si appresta a compiere oltre 25 secoli d’età.
Dalla fondazione della polis greca, all’epoca romana e bizantina, dalla Kerkent araba alla Gergent normanna, dal periodo medievale alla città spagnola e borbonica, dal risorgimento ai giorni nostri la città dei Templi ha attraversato alterne vicende.
Divenuta una delle poleis più estese del mondo Mediterraneo, la Valle dei Templi mostra oggi un maestoso e glorioso passato grazie ai resti dei templi dorici che un tempo cingevano e dominavano l’antica città; molte antiche vestigia restano ancora intatte sotto i mandorli e ulivi secolari. Gli scavi archeologici susseguitisi nel corso degli anni gettano nuova luce sulla vita della città, non solo di età greca, ma anche di età tardo-ellenistica e romana e sulle pratiche di sepoltura dei suoi primi abitanti della primissima era cristiana.
Patrimonio dell’UNESCO
Non è un caso che dal Novembre del 1997 la zona archeologica di Agrigento della Valle dei Templi è stata inserita dall’Unesco nella Lista del Patrimonio dell’Umanità.
Arte storia e natura hanno reso questo posto famoso fin dall’antichità, prima con gli scrittori di età classica quali Pindaro, Polibio, Diodoro Siculo, poi con storici e topografi del XVI e XVII sec. quali Fazello e Cluverio per finire con artisti e viaggiatori dell’800 come Houel, Denon, Brydone e sopra tutti Goethe che hanno lasciato ai posteri pagine memorabili del Gran Tour, che aveva in Agrigento e nella sua valle dei Templi la tappa più evocativa.
Luogo e territorio
Estesa circa 450 ettari, sorge a circa tre km dal mare, sulla sommità di due colline, il Colle di Girgenti e la Rupe Atenea e sul prospiciente altopiano affacciato sul mare chiamato Collina dei Templi e l’ampia valle centrale quasi pianeggiante, l’odierna Valle dei Templi dove per secoli si sviluppò il centro nevralgico dell’antica colonia greca. La conformazione dell’altopiano, scosceso a Nord e delimitato ai lati dai fiumi Akragas e Hypsas confluenti a Sud in un unico corso alla cui foce era l’antico porto (emporion), ne resero un sito naturalmente protetto.
Il territorio, noto già ai mercanti micenei per essere punto d’approdo lungo la rotta verso il Nord Africa e l’Occidente, era considerato strategico per i Rodii e i Cretesi che, dalla loro conoscenza del territorio agrigentino, frutto di precedenti frequentazioni, avevano già lasciato tracce attraverso le vicende della saga di Dedalo e Minosse in Sicilia. Le testimonianze mitologiche sono state confermate dai recenti ritrovamenti archeologici. La scelta del momento storico, invece, appare dettata dal tentativo dei Geloi di contrastare l’espansione verso oriente dei Megaresi di Selinunte.
La storia di Akràgas (Agrigento)
Ricostruzione di Akràgas
Lo straordinario sviluppo e la crescita economica della polis akragantina è considerato fuori dall’ordinario visto che, in meno di due secoli dalla fondazione, divenne una delle città più popolate del mondo greco e importante centro propulsore della cultura ellenica nel Mediterraneo. Importante l’osservazione del prof.re Lorenzo Braccesi, secondo il quale la città “brucia velocemente esperienze, vicende e modelli che altrove si elaborano e si sviluppano nel corso di più generazioni”.
Ecco i principali avvenimenti che si susseguono dalla fondazione fino all’arrivo dei Normanni. Dalla metà del VI sec. a.C., sotto la tirannide di Falaride (570-554 a.C.), la città comincia ad espandersi gradualmente, dotandosi: di un sistema difensivo che sfruttava la naturale conformazione del terreno, roccia scoscesa a nord e due fiumi a sud e a sud-ovest; di un impianto urbanistico ortogonale con una acropoli che sovrasta la città bassa ad essa collegata da un unico accesso; di templi e necropoli.
Lo spirito buono
Falaride, celebre per la sua crudeltà e per il toro di bronzo che gli serviva a torturare i suoi nemici – ricordato persino da Dante nella Commedia – intraprende una politica espansionistica nei confronti delle popolazioni sicane dell’entroterra e della stessa polis di Gela.
Toro di Bronzo
Il suo successore, Terone, discendente dall’illustre famiglia degli Emmenidi e due volte vincitore col carro ad Olimpia, porta i confini della polis fino alle coste tirreniche della Sicilia, raggiungibile attraverso l’asse fluviale del fiume Platani, l’antico Halycòs; sconfigge l’armata cartaginese di Amilcare nella battaglia di Himera nel 480 a.C., mentre sul piano dei lavori pubblici, inizia l’ambizioso programma incentrato sulla costruzione dei Templi e della vasca della Kolimbetra, alimentata dalle acque dell’acquedotto di Feace.
Nella seconda metà del V sec. ad Agràgas si instaura un regime democratico e la città gode di un periodo di relativa tranquillità, la cosiddetta eudaimonia, letteralmente la condizione di uno “spirito buono”(eu=bene, daimon=spirito), cioè di chi è posseduto da una buona sorte che gli permette di prosperare.
Un segno di ricchezza e prosperità
La ricchezza che ha portato alla città di Agrigento, e la vita culturale che questa ricchezza ha sostenuto, sono testimoniati dai grandi templi dorici costruiti in questo tempo sulla estremità meridionale della collina. Tuttavia, la prosperità economica e la stabilità politica e il fervore culturale celebrato dai poeti lirici Pindaro e Simonide erano destinati a finire. Non furono sufficienti i buoni rapporti fra Agrigentini e Cartaginesi a impedire l’assedio della città nel 406 a.C., nella terribile avanzata guidata da Annibale, che porterà alla distruzione di altre colonie greche di Sicilia.
Fu Timoleonte a liberare la città e a restituirle il suo ormai appannato splendore, ma l’arrivo dell’esercito di Roma nella contesa coi Cartaginesi stabilì la sua resa, entrando così a far parte della Provincia Siciliana in virtù della sua prospera economia basata sull’agricoltura, l’industria tessile e lo sfruttamento dello zolfo. Durante gli ultimi anni della repubblica e della prima età imperiale, Agrigento beneficiò del fatto di essere unica città-mercato sulla costa meridionale della Sicilia con l’emporio alla foce del fiume S. Leone. Sede episcopale con l’avvento del cristianesimo, iniziò tuttavia una fase di lento e inesorabile declino che portò ad un progressivo spopolamento e impoverimento della città che finì per diventare un villaggio arroccato sulla Rupe, che gli Arabi nell’829 d.C. conquistarono e chiamarono Kerkent o Girgenti, e dopo di loro i Normanni.
Il Parco Archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi
Istituito nel 2000, include le aree archeologiche già sottoposte a tutela nel 1997 dichiarate Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Il termine Valle dei templi è relativo al territorio circostante la Valle e la collina, la città arcaica e classica, poi romana e paleocristiana, interessando anche le necropoli e i santuari fuori dalla cinta muraria, un’area nella quale le valenze ambientali e naturalistiche si fondono con i monumenti archeologici, i templi, l’agorà superiore e inferiore, la complessa rete di acquedotti metropolitani, le necropoli e i complessi ipogeici.
Attraversato da strade di collegamento tra la città e il mare, il Parco dei Templi si articola in diverse zone che possono essere visitate anche separatamente, vista l’ampiezza di tutta l’area. Ma non fatevi scoraggiare, perché entrando nella Valle dei templi di Agrigento vi sembrerà di fare un tuffo nel passato, come se il tempo si fosse fermato. Quindi armatevi di comode scarpette, cappellino e occhiali da sole e, che la passeggiata possa avere inizio!
Dal Piazzale Hardcastle, lungo la Via Passeggiata Archeologica si può accedere all’area presso il tempio di Zeus o Olympeion e la collina dei templi. Un secondo accesso è presso il tempio di Giunone; dal Museo Archeologico si può accedere alla chiesa di San Nicola e al relativo settore dell’agorà greca con i suoi monumenti pubblici; infine un ultimo accesso alla Valle dei Templi di Agrigento, dal lato meridionale, si colloca presso la porta V.
Dalla Statale un suggestivo scorcio
Oggi possiamo ammirare quel che resta della città del V secolo a.C., con i successivi rimaneggiamenti di età ellenistica e romana. Sulla tradizionale griglia ippodamea (da Ippodamo da Mileto, celebre architetto e urbanista ellenistico), si impostano sei strade principali (plateiai) attraversate in ortogonale da strade secondarie (stenopoi), dividendo l’area in isolati di circa 300mq.
L’area sacra è stato creata a partire dalla seconda metà del VI secolo a.C, così come le aree pubbliche e residenziali. La cosa che colpisce di più il visitatore, percorrendo la Statale, è il suggestivo scorcio della Collina dei templi, dove, sul margine della balza rocciosa si erigono in successione i templi dorici. Osservandoli da est verso ovest, da quota 127 a quota 70, abbiamo: Giunone Lacinia, Concordia, Eracle. Altre importanti vestigia della Valle dei Templi sono i resti dei templi di Zeus Olimpio, del complesso sacro delle divinità Ctonie, del tempio dei Dioscuri e di Vulcano, costruiti durante il regno di Terone.
Il tempio di Giunone Lacinia è un edificio dorico costruito intorno al 450 a.C., costruito su quattro livelli di stilobate ed è circondato da 34 colonne, di cui si conservano quelle del colonnato settentrionale e parte degli altri tre lati e pochi elementi della cella; reca ancora le tracce dell’incendio del 406 a.C. e dei restauri di età romana quando vennero aggiunte le tegole marmoree e il piano inclinato sul lato orientale.
Percorrendo la strada verso Ovest si possono vedere gli arcosoli scavati nella roccia e gli ipogei di età bizantina relativi all’area cimiteriale di VI sec. d.C. voluta dal Vescovo Gregorio Magno di Agrigento.
Tra i meglio conservati, il Tempio della Concordia
Tempio della Concordia
Il tempio della Concordia, costruito intorno al 440-30 a.C. è uno tra i meglio conservati edifici sacri della Valle dei Templi di epoca classica. Poggia su un basamento di 4 gradini che sorreggono 6 per 13 colonne sormontate dal classico fregio dorico di triglifi e metope. Attraverso un gradino si accede alla cella che reca ancora i piloni con le scale di accesso al tetto e gli incassi per le travature lignee. L’interno e l’esterno della struttura erano rivestiti di stucco policromo.
La trasformazione in chiesa cristiana comportò alcuni stravolgimenti strutturali, l’altare di epoca classica fu distrutto, si abbatté il muro di fondo della cella, si chiusero gli intercolumni e si praticarono 12 aperture arcuate onde costituire le tre navate canoniche di una basilica paleocristiana.
L’ultimo tempio sul ciglio della collina è il tempio di Eracle, attribuzione basata su un passo delle Verrine di Cicerone, il quale parlava di un edificio sacro costruito non lontano dal Foro. In base ai caratteri stilistici questo si data al decennio anteriore la battaglia di Himera ed è il primo riconducibile al periodo Teroniano, anche se terminato un decennio dopo. L’edificio possiede proporzioni allungate e una cella stretta e lunga, segno di arcaicismo; delle 6 per 15 colonne doriche che costituivano il colonnato, solo otto sono rimaste in piedi sul lato sud rierette nel 1923. Sul fronte orientale vi sono i segni dell’altare.
Oltre ai templi rimangono imponenti tracce di edifici pubblici di V secolo poi rimaneggiati in età romano-imperiale. Questa zona è collegata con la parte residenziale della città con una larga strada.
Il Tempio di Zeus, gigante incompiuto
Sull’altro lato della strada che imbocca la Porta Aurea si stende una vasta spianata dominata dalle rovine del Tempio di Zeus Olimpio, di cui solo le fondamenta e l’altare principale sopravvivono; è stato tra i più grandi templi greci, 112 m di lunghezza e 56 m di larghezza e ha alcune caratteristiche insolite.
Ciò che resta oggi del tempio assieme ad una ricostruzione
La gigantesca costruzione era realizzata a piccoli blocchi, comprese le colonne, la trabeazione, i telamoni e l’architrave. Secondo Diodoro Siculo, che descrisse l’Olympeion, su di un poderoso basamento, si collocava il recinto con sette semicolonne doriche sui lati corti e 15 su quelli lunghi, collegate da un muro continuo. Negli intercolumni, a metà altezza del muro e su una sorta di cornice continua, posavano i telamoni alti oltre 7 m. La cella è definita da due file di pilastri quadrangolari massicce invece di pareti interne, a cielo aperto.
Purtroppo rimase incompiuto a seguito della conquista cartaginese, resta ancora visibile il basamento dell’altare, davanti al fronte orientale, non meno colossale del tempio. Per avere una idea di come doveva essere l’imponente struttura, all’interno del Museo Archeologico è stata realizzata una ricostruzione in scala ridotta.
La porta V e gli altri edifici Templari
Lasciandosi alle spalle l’area sacra dell’Olympeion, dirigendoci verso sud-ovest si attraversano due grandi isolati, oltre i quali si colloca un santuario che domina l’accesso della città dalla porta V. È dove sorgono i due templi dedicati alle divinità Ctonie, Demetra e Kore, con tutta probabilità già luogo sacro per le popolazioni indigene prima dell’arrivo dei colonizzatori greci. Il primo è conservato soltanto nei tagli della roccia, il secondo è un piccolo sacello tripartito.
L’intero complesso santuariale comprendeva altri edifici che, scavi di rapina ed esplorazioni ottocentesche, hanno danneggiato per sempre. Varcata la plateia al suo sbocco nella porta V, si trova il cosiddetto tempio L e la pittoresca rovina del tempio dei Dioscuri, ricostruita nella prima metà dell’Ottocento con pezzi di varia epoca rinvenuti nella zona. Il tempio, che doveva esistere già a metà del V sec. a.C., era un canonico tempio dorico periptero con 6 per 13 colonne.
Tempio di Eracle e Tempio dei Dioscuri
Insieme a questo edificio templare, nell’area sacra vi erano altri piccoli sacelli e un interessante gruppo di altari, alcuni di essi circolari, con incavi per convogliare le offerte non solo a Demetra e Kore, ma anche ad altre divinità ad esse collegate quali Ecate, Zeus Meilichios, Demetra Malophoros, Afrodite e Dioniso. La predominanza della coppia eleusina è dimostrata dall’enorme quantità di statuette, busti e altri oggetti votivi rinvenuti nel complesso sacro e databili tra il VI sec. a.C. e l’età ellenistica.
Sull’altro lato della Valle dei Templi, attraverso un sentiero si giunge alla celebre Kolimbetra, il giardino ricco di vegetazione e sorgenti, un tempo vasca del grande acquedotto di Feace. A ovest della collina dei Templi si trovano i resti del tempio di Vulcano, edificio dorico di V sec. preceduto da un sacello arcaico databile a metà del VI sec. a.C.
La Chiesa di San Nicola al centro della Valle dei Templi
Al centro della Valle dei Templi si trova la chiesa di San Nicola, uno tra i maggiori esempi di gotico cistercense presenti in Sicilia con relativo convento, oggi distrutto per l’edificazione del moderno Museo Archeologico. I lavori per la costruzione del museo hanno messo in luce un interessantissimo complesso di carattere pubblico.
Chiesa di San Nicola
Fra essi spiccano i resti dell’Ekklesiasterion, tipico edificio pubblico da dove i cittadini assistevano ai dibattiti dell’assemblea, e del Bouleuterion, edificio pubblico legato alle riunioni della boule – l’assemblea dei rappresentanti eletti dal popolo – magistrati che avevano il compito di adempiere a funzioni prettamente legislative.
Nel primo caso si tratta di una struttura circolare, del primo si conservano una ventina di file concentriche di sedili, al fondo della quale si trova lo spazio centrale dell’orchestra, destinata agli oratori. In età romana la cavea venne riempita e fu costruito il cosiddetto oratorio di Falaride, un tempietto di tipo romano, su alto podio lungo 12 m. circa e largo quasi 9 m.
In asse col tempio e col relativo altare sorge una esedra semicircolare destinata ad ospitare una statua. Con tutta probabilità l’area divenne luogo di culto romano all’indomani della deduzione di coloni da parte di Scipione nel 197 a.C.
La zona residenziale
In aggiunta a questi monumenti eccezionali, sul lato est della chiesa San Nicola, si accede all’area scavata della zona residenziale detta quartiere Ellenistico-Romano. Sono stati messi in luce tre isolati con originaria bipartizione mediante ambitus, quattro stenopoi e parte della plateia nord. La tipologia delle abitazioni è ellenistica, conservata anche nelle successive trasformazioni di età romana. In un certo numero di case sono ben conservati pavimenti a mosaico come nella Casa della Gazzella e nella casa del Maestro astratto.
Tutta l’area della Valle dei Templi è circondata da necropoli, i più antichi cimiteri sono a sud della cresta con tombe e monumenti di età pagana e di età cristiana. La cosiddetta Tomba di Terone è in realtà una tomba monumentale di età romana, ma la sua forma, quella di un piccolo tempio ionico impostato su un podio, richiama forme greco-asiatiche.
World Cultural Heritage
La Valle dei Templi di Agrigento è stata legalmente dichiarata zona di interesse nazionale sotto la legge del 28 settembre 1966. Decreti del Ministero dei Lavori Pubblici (6 Maggio 1968) e Istruzione (7 ottobre 1971) definito il perimetro e limitazioni sull’uso del luogo. Il perimetro è stato ulteriormente confermato legalmente dal Presidente della Regione Siciliana nel decreto n.91 del 13 giugno 1991. Questo gruppo di strumenti di legge impone un divieto assoluto di ogni forma di costruzione all’interno della zona prescritta.
La ricerca sistematica sul sito iniziò alla fine del XVIII secolo, su incoraggiamento del governatorato Borbonico che nominò il principe di Torremuzza conservatore per la Sicilia, assistito dal signor Lo Presti di Agrigento. A loro si deve l’anastilosi del Tempio di Hera nel 1786 e il restauro del frontone del tempio di Zeus l’anno seguente. Scavo e indagine di quest’ultimo incominciarono nel 1802.
Durante la prima metà del XIX secolo iniziarono i lavori di scavo e di restauro presso i templi di Demetra, Vulcano, Eracle e Dioscuri. Le quattro colonne dell’angolo nord-ovest erette nel 1836 divennero il simbolo del patrimonio archeologico di Agrigento. Il potenziale archeologico di Agrigento è altissimo, anche se, si deve riconoscere che alcuni lavori di restauro eseguiti nel tardo XVIII e XIX secolo non furono in alcun modo conformi ai moderni princìpi di conservazione, come stabilito in seguito nella Carta di Venezia del 1964. Il frontone restaurato del Tempio dei Dioscuri è un esempio di inesatte ricostruzioni che non hanno operano sulla base di rigorosa scientificità eppure, l’autenticità del sito è incontestabile.
Le visite
Normalmente la Valle dei Templi è accessibile al pubblico tutti i giorni dalle 8:30 alle 19:00.
Informazioni e aggiornamenti su orari, costi e visite del parco e del Museo archeologico regionale “P.Griffo” sono disponibili sul sito ufficiale.